Inibitori del checkpoint immunitario PD-1: più alto tasso di risposta obiettiva con Nivolumab rispetto a chemioterapia scelta dallo sperimentatore nei pazienti con melanoma


Il melanoma è un tipo di tumore della pelle caratterizzato da una crescita incontrollata delle cellule che producono il pigmento ( melanociti ), localizzate nella cute. Il melanoma metastatico è la forma più letale della malattia e si manifesta quando il tumore si diffonde oltre la superficie della pelle ad altri organi, come linfonodi, polmoni, cervello e altre aree del corpo.
L’incidenza di melanoma è in aumento, da almeno 30 anni. Nel 2012, nel mondo sono state stimate almeno 232.130 diagnosi di melanoma.
Il melanoma è, nella maggior parte dei casi, curabile se trattato negli stadi iniziali. Tuttavia, in stadio avanzato, il tasso medio di sopravvivenza è storicamente di appena sei mesi, con un tasso di mortalità a un anno del 75%, rendendo questo tumore una delle forme di cancro più aggressive.

Nivolumab ( Opdivo ), un inibitore checkpoint immunitario PD-1 ( programmed death-1 ), è uno dei farmaci pià efficaci nel trattamento del melanoma metastatico.
Nivolumab si lega al recettore di checkpoint PD-1 espresso sulle cellule T attivate.

Ci sono diversi studi che stanno valutando l’attività antitumorale di Nivolumab, sia in monoterapia sia in combinazione con altre terapie.

CheckMate -037 è uno studio in aperto, randomizzato, di fase III ( n = 370 ), che ha valutato il tasso di risposta obiettiva ( ORR ) nel braccio trattato con Nivolumab e comparato la sopravvivenza globale ( OS ) nei pazienti trattati con Nivolumab rispetto a quelli trattati con chemioterapia scelta dallo sperimentatore.
I pazienti inclusi nello studio sono stati randomizzati in un rapporto 2:1 a ricevere Nivolumab alla dose di 3 mg/kg in infusione endovenosa ogni due settimane ( n = 268 ) o chemioterapia ( Dacarbazina alla dose di 1000 mg/m² ogni tre settimane oppure 900 mg Carboplatino e 175 mg/m² Paclitaxel ogni tre settimane; n = 102 ), fino a progressione o tossicità inaccettabile.

I pazienti sono stati classificati in base all’espressione del ligando di PD-1, allo stato BRAF ( wild-type o mutato ) e alla migliore risposta al precedente trattamento con Ipilimumab.

Endpoint co-primari dello studio sono il tasso di risposta obiettiva e la sopravvivenza globale. La risposta, misurata attraverso i criteri RECIST standard, è stata valutata 9 settimane dopo la randomizzazione, ogni sei settimane per i primi 12 mesi e, in seguito, ogni 12 settimane.

Un’analisi ad interim dell’endpoint co-primario, ha mostrato un tasso di risposta obiettiva nei pazienti con almeno sei mesi di follow-up del 32% nel braccio Nivolumab e dell’11% nel braccio chemioterapia scelta dallo sperimentatore. ( Xagena_2014 )

Fonte: BMS, 2014

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