Ruolo dell’immunoterapia nel trattamento di seconda linea dei pazienti con carcinoma del polmone non-a-piccole cellule avanzato
Ipilimumab
Alla classe degli anti-CTLA-4 ( cytotoxic T-lymphocyte antigen-4 ) appartiene Ipilimumab ( Yervoy ), anticorpo monoclonale IgG1 interamente umano, approvato in Italia per il trattamento del melanoma avanzato ( non-resecabile o metastatico ) alla dose di 3 mg/kg somministrati ogni 3 settimane, per un totale di 4 dosi.
La coorte D dello studio di fase I KEYNOTE-021 sta valutando nei pazienti con carcinoma del polmone non-a-piccole cellule ( NSCLC ) già pretrattati con 2 o meno linee di terapia l’associazione di Ipilimumab e Pembrolizumab, altro anticorpo monoclonale IgG4 anti-PD-1 ( programmed cell death-1 ) completamente umano, approvato in Italia per il trattamento del melanoma avanzato.
Sono stati arruolati 17 pazienti a ricevere Ipilimumab alla dose di 1 o 3 mg/kg in associazione a Pembrolizumab alla dose di 2 o 10 mg/kg.
L’obiettivo primario comprende la tollerabilità e la tossicità dose-limitante ( DLT ) nelle prime 3 settimane di trattamento. Non è stata registrata alcuna tossicità DLT con rash e diarrea di grado 2 le tossicità più frequenti.
Negli 11 pazienti valutabili per la risposta si è registrata un tasso di risposta obiettiva ( ORR ) del 55%.
Nivolumab
Il Nivolumab ( Opdivo ), anticorpo monoclonale IgG4 anti-PD-1 completamente umano, è stato somministrato alla dose di 1, 3 o 10 mg/kg per via endovenosa ogni 2 settimane per un massimo di 96 settimane, in 129 pazienti affetti da tumore NSCLC avanzato di cui il 54% trattati con 3 o più linee di terapia.
La sopravvivenza globale ( OS ) mediana è stata di 9.9 mesi, il tasso di risposta obiettiva ( ORR ) del 17% con la durata della risposta di 17 mesi e con risultato analogo in tutte le istologie.
Tossicità di grado 3-4 è stata riportata nel 14% dei pazienti con 3 morti tossiche ( 2% ) dovute a polmoniti.
La dose di 3 mg/kg è stata selezionata per gli studi successivi.
Lo studio di fase II, CheckMate-063, ha arruolato 117 pazienti con tumore NSCLC ad istologia squamosa che avessero ricevuto almeno 2 linee di terapia.
L’obiettivo primario era la ORR che è risultata del 14.5% con una malattia stabile ( SD ) del 26%. La tossicità di grado 3-4 è stata del 17% con 2 decessi per polmonite ed infarto miocardico.
In questo studio è stata condotta un’analisi esplorativa sull’espressione di PD-L1 con cutoff del 5% su 76 pazienti di cui era disponibile in archivio il tessuto neoplastico. La ORR è stata raggiunta indipendentemente dall’espressione di PD-L1 ( inferiore a 5%: ORR 14%; maggiore o uguale a 5%: ORR 24%; non-disponibile: ORR 30% ), ma è importante sottolineare che i campioni tissutali non erano relativi al pretrattamento con Nivolumab ma erano stati prelevati in momenti diversi della storia della neoplasia di ogni singolo paziente.
Da qui sono partiti due studi randomizzati di fase III, con obiettivo primario la sopravvivenza globale, che hanno valutato in seconda linea Nivolumab ( 3 mk/kg ogni 2 settimane ) versus Docetaxel ( 75 mg/m2 ogni 3 settimane ) in pazienti con tumore NSCLC ad istologia squamosa ( CheckMate-017 ) o non-squamosa ( CheckMate-057 ).
Lo studio CheckMate-017, in cui sono stati randomizzati 272 pazienti con istologia squamosa, ha riportato una sopravvivenza globale statisticamente e clinicamente significativa a favore di Nivolumab con 9.2 versus 6 mesi ( hazard ratio, HR=0.59; p inferiore a 0.001 ).
La sopravvivenza a 1 anno è stata del 42% e del 24% e una ORR del 20% versus 9% ( p = 0.008 ), rispettivamente.
La sopravvivenza libera da progressione ( PFS ) è stata di 3.5 e 2.8 mesi ( HR=0.62; p inferiore a 0.001 ), rispettivamente.
Gli eventi avversi di grado 3-4 sono stati riportati nel 7% e nel 54% dei pazienti trattati con Nivolumab e Docetaxel, rispettivamente.
La valutazione dell’espressione di PD-L1 ( programmed cell death-ligand 1 ), condotta sia su tessuto archiviato oppure ottenuto al momento della randomizzazione, non è risultato né prognostico né predittivo a prescindere del cutoff considerato ( 1%, 5% o 10% )].
Nello studio CheckMate-057 sono stati randomizzati 582 pazienti con istologia non-squamosa con un vantaggio statisticamente significativo nella sopravvivenza globale a favore di Nivolumab rispetto a Docetaxel ( 12.2 versus 9.4; HR=0.73; p = 0.002 ).
In questo studio potevano essere arruolati pazienti in seconda o in terza linea di trattamento nel caso fossero EGFR ( epidermal growth factor receptor ) mutati o ALK ( anaplastic lymphoma kinase ) traslocati e avessero ricevuto anche l’inibitore specifico.
La sopravvivenza a 1 anno è stata migliore per Nivolumab con 51% versus 39%, e a 18 mesi del 39% e 23%, rispettivamente.
La sopravvivenza libera da progressione è stata di 2.9 versus 4.2 mesi ( HR=4.2: p = 0.39 ), con iniziale incrocio delle curve, ma la PFS a 1 anno è stata del 19% e 8%, rispettivamente.
Il profilo di tossicità ha favorito Nivolumab con gli eventi avversi di grado 3-4 riportati nel 10% e nel 54% dei pazienti trattati con Nivolumab e Docetaxel, rispettivamente.
Al contrario del precedente, in questo studio è stata riscontrata una forte correlazione tra espressione di PD-L1, a qualsiasi cutoff ( 1%, 5%, o 10% ), con la sopravvivenza globale ( maggiore o uguale a 1%: HR=0.59; maggiore o uguale a 5%: HR=0.43; maggiore o uguale a 10%: HR=0.40 ), e la sopravvivenza libera da progressione ( maggiore o uguale a 1%: HR=0.70; maggiore o uguale a 5%: HR=0.54; maggiore o uguale a 10%: HR=0.52 ).
Pembrolizumab
Il Pembrolizumab ( Keytruda ), anticorpo monoclonale IgG4 anti-PD-1 completamente umano già registrato in Italia per il trattamento del melanoma avanzato, è stato somministrato, nell’ambito dello studio di fase I, KEYNOTE-001, alla dose di 2 mg/kg ogni 3 settimane oppure 10 mg/kg ogni 2 o 3 settimane a 495 pazienti affetti da tumore NSCLC avanzato, sia in prima che in linee successive di trattamento.
La ORR dei 394 pazienti già pretrattati è stata del 18% della durata mediana di 10.4 mesi.
La sopravvivenza libera da progressione mediana è stata di 3 mesi e la sopravvivenza globale di 9.3 mesi.
La tossicità di grado 3-4 è stata riportata nel 9.5% dei casi e rappresentata prevalentemente da prurito e polmoniti.
Una stretta correlazione è stata individuata fra i risultati della terapia con Pembrolizumab e l’espressione di PD-L1 maggiore o uguale a 50%. In questo sottogruppo di pazienti la ORR è stata del 43.9%, la PFS mediana di 6.1 mesi e la OS mediana non è stata raggiunta.
KEYNOTE-010 è uno studio randomizzato di fase II/III in cui pazienti affetti da tumore NSCLC pre-trattati con chemioterapia e con espressione di PD-L1 maggiore dell'1% sono stati arruolati a ricevere Pembrolizumab 2 mg/kg ( n = 345 ), Pembrolizumab 10 mg/kg ( n = 346 ), o Docetaxel 75 mg/m² ( n = 343 ), ogni 3 settimane.
Gli obiettivi primari erano la sopravvivenza globale e la sopravvivenza sia nell’intera popolazione che nei pazienti con espressione di PD-L1 maggiore di 50%.
Nell’intera popolazione la sopravvivenza globale è stata di 10.4 mesi con Pembrolizumab 2 mg/kg, 12.7 mesi con Pembrolizumab 10 mg/kg, e 8.5 mesi con Docetaxel. Pertanto la sopravvivenza globale è stata migliore per Pembrolizumab rispetto a Docetaxel ( HR=0.71 tra Pembrolizumab 2 mg/kg e Docetaxel; HR=0.61 tra Pembrolizumab 10 mg/kg e Docetaxel ).
La sopravvivenza libera da progressione mediana è stata di 3.9 mesi con la dose bassa di Pembrolizumab, e 4.0 mesi sia per la dose alta che per il Docetaxel.
Considerando solo i pazienti con PD-L1 maggiore del 50%, la sopravvivenza globale è risultata migliore sia per Pembrolizumab a 2 mg/kg rispetto a Docetaxel ( 14.9 versus 8.2 mesi; HR=0.54, p = 0.0002 ) che per Pembrolizumab 10 mg/kg rispetto al Docetaxel ( 17.3 versus 8.2 mesi; HR=0.50, p inferiore a 0.0001 ).
Lo stesso per la sopravvivenza globale che è stata di 5.0 mesi per la dose bassa di Pembrolizumab e di 4.1 mesi per Docetaxel ( HR=0.59, p = 0.0001 ) e di 5.2 mesi per la dose alta di Pembrolizumab ( HR=0.59, p inferiore a 0.0001 ).
Il tasso di risposta obiettiva è stato del 18% sia con Pembrolizumab a 2 mg/kg che a 10 mg/kg e del 9% per Docetaxel.
Nel gruppo di pazienti con espressione di PD-L1 maggiore del 50%, il tasso di risposta obiettiva è stato, rispettivamente, del 30%, 29% e 8%.
Le tossicità di grado 3–5 sono state riportate nel 13%, nel 16% e nel 35% dei pazienti trattati con la dose bassa, la dose alta di Pembrolizumab, e Docetaxel, rispettivamente.
L’ipotiroidismo, l’ipertiroidismo e le polmoniti sono state le tossicità più frequenti con Pembrolizumab, mentre la neutropenia è stata quella riscontrata maggiormente con il Docetaxel.
Questo studio ha confermato Pembrolizumab come altro immunoterapico efficace per il trattamento di qualsiasi istologia di tumore al polmone non-a-piccole cellule pretrattato, e la dose di 2 mg/kg come quella raccomandata.
Atezolizumab
L’Atezolizumab ( Tecentriq ), anticorpo monoclonale IgG1 completamente umano anti-PD-L1, è stato somministrato alla dose inferiore o uguale a 20 mg/kg, ogni 3 settimane, a 88 pazienti affetti da tumore NSCLC avanzato e pesantemente pretrattati.
L’obiettivo primario di questo studio di fase Ia era il tasso di risposta obiettiva che è stato del 21% con una sopravvivenza libera da progressione a 24 settimane del 42% e una sopravvivenza globale a 1 anno dell’82%.
L’11% dei pazienti ha riportato tossicità di grado 3-4 rappresentata da dispnea, astenia e iposodiemia.
L’espressione immunoistochimica di PD-L1 è stata valutata sia sulle cellule immunitarie infiltranti il tumore ( IC ) che sulle cellule tumorali ( TC ).
Nei 20 pazienti con massima espressione di PD-L1 ( TC3 o IC3 ) il tasso di risposta obiettiva è stato del 45%, la sopravvivenza libera da progressione a 24 settimane del 45% e la sopravvivenza globale a 1 anno dell’89%.
Lo studio di fase II randomizzato POPLAR ha arruolato 287 pazienti con tumore NSCLC pretrattato a ricevere Atezolizumab alla dose di 1200 mg versus Docetaxel a 75 mg/m2, ogni 3 settimane.
L’obiettivo primario dello studio era la sopravvivenza globale che è stata di 12.6 mesi per Atezolizumab e di 9.7 mesi per Docetaxel ( HR=0.73; p = 0.04 ).
La sopravvivenza libera da progressione è stata di 2.7 e 3.0 mesi ( HR=0.94 ), rispettivamente, con il tasso di risposta obiettiva del 15% in entrambi i bracci di trattamento.
L’incremento dell’espressione di PD-L1 sia TC che IC ha favorito Atezolizumab. Infatti, in presenza di TC/IC 1-3 ( n = 195 ) la sopravvivenza globale è stata di 15.5 mesi con Atezolizumab ed è stata di 9.2 mesi con Docetaxel ( 0.59; p = 0.005 ), la sopravvivenza libera da progressione è stata di 2.8 e 3.0 mesi ( 0.85 ), rispettivamente con ORR del 18.3% con Pembrolizumab e del 16.7% con Docetaxel.
Nei 92 pazienti in cui non vi è stata espressione di PD-L1 ( TC/IC 0 ) la sopravvivenza globale è stata di 9.7 mesi in entrambi i bracci (1.04) con la PFS di 1.7 e 4.1 mesi (HR 1.12) e la ORR di 8% e 10% per il braccio Atezolizumab versus Docetaxel.
Nei 47 pazienti con elevata espressione di PD-L1 ( TC/IC 3 ) la sopravvivenza globale è stata di 15.5 mesi per Atezolizumab mentre è stata di 11.1 mesi per Docetaxel ( HR=0.49 ), la sopravvivenza libera da progressione è stata di 7.8 e 3.9 mesi ( HR=0.60 ) con la ORR del 38% e 13%, rispettivamente.
Tossicità di grado 3-4 sono state riportate nel 43% e 56% dei pazienti nel braccio Atezolizumab versus Docetaxel.
Lo studio di fase II BIRCH ha arruolato 659 pazienti, di cui 139 in prima linea, 267 in seconda linea e 253 trattati con tre o più linee, affetti da tumore NSCLC avanzato PD-L1 positivi ( solo TC/IC 2-3 ) a ricevere Atezolizumab alla dose di 1200 mg ogni 3 settimane.
L’obiettivo primario era il tasso di risposta obiettiva che è stato del 17% in entrambe le coorti di pazienti pretrattati.
Nei sottogruppi di pazienti TC3 o IC3 la ORR è stata, considerando solo le due coorti che hanno arruolato pazienti pretrattati, del 24% e 27%, rispettivamente.
La sopravvivenza mediana senza progressione è stata di 2.8 mesi in entrambe le coorti.
La sopravvivenza globale a 1 anno è stata del 76% e 71%, rispettivamente.
La tossicità di grado 3-4 è stata del 12% e dell’11%, rispettivamente, soprattutto astenia, nausea e polmoniti.
Durvalumab
Durvalumab ( Imfinzi ) è un anticorpo monoclonale umanizzato IgG1 con alta affinità per PD-L1.
Uno studio di fase I/II ha arruolato 198 pazienti affetti da carcinoma polmonare non-a-piccole cellule avanzato già pretrattati a ricevere Durvalumab alla dose di 10 mg/kg ogni 2 settimane fino a progressione o tossicità inaccettabile.
L’obiettivo primario dello studio era il tasso di risposta globale che è risultato essere del 14% nei 149 pazienti valutabili con maggiore attività nell’istologia squamosa ( ORR del 20% ) rispetto alla non-squamosa ( ORR del 10% ) e nei pazienti PD-L1 positivi ( ORR del 23% ).
La tossicità di grado 3-4, prevalentemente astenia e nausea, è stata del 6%. ( Xagena_2016 )
Fonte: AIOT, 2016
Xagena_Medicina_2016